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Ancora ostacoli tra Berna e Bruxelles

Nonostante la conclusione della fase negoziale, permangono divergenze tra Berna e Bruxelles Keystone

Svizzeri ed europei si sono ritrovati mercoledì a Berna per tentare di regolare un ultimo aspetto controverso sulla fiscalità del risparmio.

L’Unione europea auspica che l’accordo entri in vigore il primo gennaio 2005. Una scadenza che la Svizzera non potrà rispettare a causa dei termini referendari.

La schiarita tra Berna e Bruxelles è dunque stata di corta durata. Si credeva che tutto o quasi fosse risolto. Ed invece la suspense continua.

Riuniti il 2 giugno a Lussemburgo, i ministri europei delle finanze hanno preso atto di come la fase negoziale con cinque paesi terzi (Svizzera, Andorra, Monaco, Liechtenstein e San Marino) e con i territori associati all’UE poteva considerarsi conclusa.

Ed in effetti, ormai niente ostacola più l’entrata in vigore della direttiva europea sulla tassazione dei redditi del risparmio che è stata negoziata per anni.

Ma ecco che s’inciampa su un problema di date sollevato dalla Svizzera. Il Consiglio federale ha dichiarato che non potrà applicare la nuova norma per il 1. gennaio 2005, come desiderato dall’Unione.

La notizia ha suscitato un certo disappunto a Bruxelles, dove già ci si apprestava a stappare lo champagne.

Sulla carta, l’obiettivo d’inizio 2005 permane, affermano i ministri UE dell’economia e delle finanze. Il commissario Fritz Bolkenstein è stato incaricato di trovare una soluzione con il governo svizzero entro la fine di giugno.

E ricominciano le dispute. “Aspettiamo delle proposte da parte elvetica”, dice la Commissione europea. “Abbiamo sempre sostenuto che il 1. gennaio 2005 avrebbe rappresentato una data importante”.

Corsa contro il tempo

Martedì, annunciando che i nuovi accordi bilaterali saranno presentati singolarmente al parlamento, il Consiglio federale ha ribadito di voler fare in modo che il tutto sia ratificato il più in fretta possibile.

Lo scopo è di terminare la procedura d’approvazione entro la fine dell’anno.

I testi dovrebbero essere parafati entro metà giugno per poi essere firmati a fine estate. Dopo la consultazione dei cantoni, il governo presenterà il suo messaggio ad inizio autunno, in modo che i dibattiti alle camere possano svolgersi in dicembre.

In seguito, il governo dovrà rispettare il termine referendario di tre mesi. L’entrata in vigore della direttiva per il 1. gennaio 2005 non sembra dunque possibile, anche se non fosse organizzato alcun referendum.

“Occorre parafare gli accordi nei prossimi giorni per poter avviare la procedura di consultazione. Altrimenti accumuleremo del ritardo”, sottolinea l’Ufficio federale dell’integrazione a Berna.

Inoltre, l’UE deve ancora rifinire dei testi e risolvere alcuni problemi, concernenti ad esempio l’accordo sulla frode. E le incertezze che pesano sul rispetto del calendario da parte della Confederazione non incitano certo Bruxelles ad affrettarsi.

Tre opzioni

Dal punto di vista giuridico, esistono tuttavia tre opzioni per rispettare il termine del 1. gennaio 2005. La prima consiste in un’applicazione provvisoria dell’accordo. Il Consiglio federale dispone delle competenze necessarie.

Seconda soluzione, l’entrata in vigore retroattiva dell’accordo. Dopo il processo ordinario di consultazione, il governo potrebbe annunciare un’applicazione retroattiva alla scadenza del periodo referendario. Un’eventualità prevista dalla Costituzione.

Infine, il Consiglio federale potrebbe ricorrere alla legislazione d’urgenza. In questo caso, pure previsto dalla Costituzione, il referendum avrebbe una portata abrogatoria.

Al momento, Berna non ha ancora preso alcuna decisione. Interrogato martedì sull’eventualità di una soluzione retroattiva, il presidente della Confederazione Joseph Deiss ha risposto che la questione non è ancora stata discussa.

I Venticinque, da parte loro, si sono impegnati a firmare la direttiva entro il 30 giugno ed a deciderne la data di messa in vigore.

Al proposito è possibile che si finisca per rinviare il tutto di un anno. Una soluzione che piace alle banche europee. Che, in effetti, hanno appena inoltrato una richiesta in tal senso.

swissinfo, Barbara Speziali, Bruxelles
(traduzione: swissinfo, Marzio Pescia)

I bilaterali bis tra la Svizzera e l’UE sono stati conclusi il 19 maggio;
8 dei 9 accordi dovranno essere ratificati dal parlamento;
Quello riguardante la formazione è di competenza governativa.

Il pacchetto di accordi si suddivide in nove capitoli:

(1) Fiscalità del risparmio, (2) lotta alla frode doganale, (3) cooperazione in materia di giustizia, polizia, asilo e migrazione (Schengen/Dublino), (4) prodotti agricoli trasformati, (5) ambiente, (6) media, (7) educazione, formazione professionale e gioventù, (8) statistiche e (9) pensioni.

I nuovi trattati con l’UE comprendono anche l’allargamento dell’accordo sulla libera circolazione delle persone ai 10 nuovi Stati membri dell’Unione ed il contributo svizzero al fondo di coesione UE (1 miliardo di franchi per 5 anni).

Un decimo tema, riguardante i servizi, è stato congelato nella fase negoziale. Le divergenze si sono rivelate troppo importanti per proseguire.

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