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Berna, capitale europea dei sans-papiers

Manifestazione nazionale a sostegno dei sanas-papiers il 24 novembre 2001 a Berna Keystone Archive

Rispondendo all'appello dei loro omologhi svizzeri, i rappresentanti dei sans-papiers di 12 paesi si riuniscono questo fine settimana a Berna.

“Questo incontro ci permetterà di fare il punto sulla situazione nei paesi vicini”, spiega Sandra Modica, membro del Movimento svizzero dei sans-papiers.

Sarà, dice, “l’occasione per ricordare al governo svizzero che negli ultimi anni molti stati europei hanno scelto la via di ampie regolarizzazioni, senza stravolgere la loro politica d’immigrazione.”

Legalizzazione dei clandestini

Regolarizzazione di questo tipo sono state adottate di recente in Spagna, Portogallo, Italia, Olanda, Gran Bretagna, Belgio, Francia e Grecia.

A titolo di esempio: nel 1997 la Francia ha offerto ai clandestini la possibilità di legalizzare la loro situazione, purché rispondessero a determinati criteri nella durata di soggiorno e nell’attività professionale.

Un anno prima, l’Italia aveva adottato una soluzione simile. E nel 1991 la Grecia, cedendo alla pressione dei sindacati, aveva regolarizzato quasi 350’000 persone.

Dibattito interrotto in Svizzera

La Svizzera invece rimane intransigente. Dopo mesi d’occupazione di chiese ed altri edifici pubblici a Friburgo, Losanna, la Chaux-de-Fonds, Berna e Basilea, il dibattito si è inceppato. E questo nonostante le ampie simpatie suscitate dal movimento, soprattutto nella Svizzera romanda.

Nel novembre scorso, le Camere federali hanno semplicemente opposto un rifiuto alla proposta di aprire una discussione sulla questione, con il pretesto che si tratterebbe “di un problema regionale.”

Risultato: il dibattito urgente – sollecitato da tre interpellanze depositate dai Verdi, dal gruppo socialista e dalla consigliera agli stati Michèle Berger-Wildhaber – è stato evitato.

“Ma il movimento non è morto”, afferma Sandra Modica. La repressione, secondo lei sempre più forte, ha tuttavia spinto gli organizzatori a desistere dalle occupazioni.

Verso un movimento europeo

“La nostra prima preoccupazione è stata quella di proteggere le persone che erano in situazioni sempre più precarie. Ma i collettivi dei sans-papiers continuano ad esistere e si riuniscono regolarmente.”

Ciò non toglie che i sans-papiers siano stati risospinti nella clandestinità senza essere riusciti a far nascere un’organizzazione a livello nazionale. Ciò spiega l’iniziativa del Movimento svizzero dei sans-papiers, alla ricerca di appoggi oltre la frontiera elvetica.

“Questi incontri alla chiesa francese di Berna saranno l’occasione di scambiare informazioni sulle strategie e sui risultati ottenuti dai diversi movimenti europei”, sottolinea Hannes Reiser, membro del movimento. Lo scopo a lungo termine è far nascere “una federazione dei movimenti europei.”

Politiche migratorie restrittive

Il problema dei sans-papiers, in effetti, non conosce frontiere nazionali. Un fatto evidente, secondo Sandra Modica. “I clandestini passano da un paese all’altro. E i meccanismi della loro esclusione sono simili in tutti i paesi.”

“Sono vittime di politiche migratorie sempre più restrittive, che li sospingono nella clandestinità”, indica Sandra Modica. E Hannes Reiser aggiunge: “Esiste una vera e propria intesa tacita tra le destre populiste che spingono alla chiusura delle frontiere e il mondo economico che approfitta così di una manodopera a buon mercato, priva di ogni diritto.”

Per Reiser, la situazione diventa sempre più preoccupante, poiché i partiti populisti e xenofobi stanno guadagnando terreno ovunque in Europa: “Impongono sempre di più la loro politica migratoria.”

Clima repressivo

In Europa, il clima politico è sempre più connotato dalle preoccupazioni per la sicurezza. Parallelamente alla regolarizzazione dei sans-papiers, i Quindici hanno coordinato e reso più restrittive le sanzioni contro l’immigrazione clandestina.

“Oltre alla chiusura delle frontiere per i migranti extra-europei, gli accordi di Schengen hanno permesso la creazione di una banca dati comune, in cui sono registrati gli ingressi e i movimenti dei richiedenti l’asilo sul territorio europeo”, spiega Sandra Modica. A suo parere, i Quindici dispongono così di uno strumento di prim’ordine “per organizzare la repressione.”

Vanda Janka

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