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Chiamami blues, oppure sad

Se siete "SAD" fate sport, cercate la luce e ... siate anche un po' autoindulgenti swissinfo.ch

Le parole per dirlo sono inglesi. Winter Blues, come un canto melanconico afroamericano con l'inverno nel cuore ma anche stanco, nervoso, depresso.

E poi SAD, che vuole dire triste ma anche Seasonal Affective Disorder (disordine affettivo stagionale), una sigla che per una volta mette d’accordo psichiatri e adepti alla medicina naturale.

Apro gli occhi e lo vedo subito, dal lucernaio sopra al letto. Il cielo è una cappa bianca, uniforme e pastosa. Le temperature sono basse: da meno quattro a più quattro, giura il Meteo. La luce è uniforme, dall’alba al tramonto: luce pallida di un paese del nord.

Secondo gli esperti, la depressione stagionale non è una percezione soggettiva. È una malattia, che ha una spiegazione scientifica rigorosa. E si può curare.

La Rete pullula di ricerche che la spiegano. Nei mesi freddi, soprattutto nei paesi del nord, c’è meno luce. Ed è la luce che, colpendo la retina dei nostri occhi, stimola l’ipotalamo e la produzione di serotonina, l’ormone della felicità.

In tutto il mondo sarebbe afflitta da SAD il 2 per cento della popolazione. Molto toccate le donne, nella misura del triplo. La SAD può essere critica nelle persone già a rischio di disturbi psicologici.

E affligge i migranti, perché se sei cresciuto baciato dal sole fai fatica ad abituarti al pallore elvetico o alla notte infinita scandinava.

Psicopatologia quotidiana



Ne soffrite anche voi? I sintomi fisici: stanchezza, mal di testa, insonnia o letargia, fame cosmica oppure anoressia. Quelli psicologici sono soggettivi.

Ma le ricerche li enumerano con generosità: depressione e tristezza, pigrizia e mancanza di entusiasmo, ansia e apatia. Calo del desiderio e difficoltà di concentrazione. Tendenza a vedere nero o a trascurare il bello della vita. Poca voglia di contatti sociali, irritabilità.

Chi scrive è un’emigrata italiana, cresciuta fra il sole Adriatico e il Ponentino, quello sfacciato vento caldo che a Roma osa soffiare pure a dicembre. La mia SAD ha del comico, se non fosse tragica.

La stagione da blues elvetico si apre con la rivolta delle macchine: il computer si impalla, il cellulare dà i numeri. Poi arriva l’infida grippe e mica per caso: dimentico sempre a casa l’ombrello e al primo sole mi spoglio, convinta che sia una botta di estate. Alla prima ombra, mi ammalo.

Aumenta la pancetta e scende l’autostima. Il meccanismo è semplice: col blues elvetico è dura rinunciare a un calice di rosso e ad una torta di noci dei Grigioni. Comincio a guardare bramosa le offerte Last Minute.

Con 300 franchi dormi cinque notti in Egitto. Passano gli anni, ma non scema lo stupore: possibile che il cielo di Berna resti pannoso e compatto per mesi?

Nord e sud del pianeta



La scienza ha preso a interessarsi della depressione stagionale dopo una scoperta topica: le persone d’estate si ammalano meno. Viceversa, nei paesi del nord e nelle stagioni fredde si registra un’impennata di malesseri, nonché un aumento esponenziale del tasso di suicidi nella popolazione.

Ci si ammazza di più nell’emisfero settentrionale del mondo, nonostante ci sia più ricchezza e una migliore qualità della vita.

La Svizzera non sfugge alla regola. Anzi: ha un tasso di suicidi quasi doppio rispetto agli Stati Uniti. Numeri che collocano la Confederazione nel gruppo di testa a livello europeo per questa triste statistica, in compagnia di Austria, Francia e Danimarca.

Colpa della mancanza di sole? Si e no, dicono gli esperti: in Svizzera si sceglie di morire per la pressione sociale e professionale. Ma se hai una tendenza suicida il blues elvetico non aiuta.

I rimedi della nonna

Quello che conta è non drammatizzare. Piuttosto, correre ai ripari. Cercate terapeuti tradizionali o alternativi e dedicatevi ad attività piacevoli.

Da provare, i rimedi della nonna. Un goccino di cognac, un infuso di zenzero o una sontuosa cioccolata calda con panna. Andate in erboristeria e comprate iperico e genziana, integratori alimentari, vitamina E.

Un occhio di riguardo in cucina non può che aiutare: non lesinate su aglio e cipolla, peperoncino e spezie. Bene la pasta, le banane, il pesce.

Se vi piacciono i profumi buoni, sperimentate la cultura delle essenze: aromi e incensi, lavanda gelsomino e bergamotto. Lo sport fa bene: attiva la circolazione e distrae la psiche. Buona la sauna, meglio in uno dei tanti parchi termali della Confederazione.

L’esercizio della tolleranza, può farvi bene: non pretendete troppo da voi stessi e dagli altri.

La luce che cura



Ma l’unica terapia riconosciuta dagli scienziati contro la depressione autunnale è semplice come la malattia: un raggio di luce vi guarirà.

L’efficacia della fototerapia è stata dimostrata da decine di studi clinici. Si tratta di lampade speciali, che emettono una quantità di LUX (l’unità di misura della luce) che corrisponde a una giornata di sole.

Secondo le ricerche, non ci sono differenze in una terapia con lampade da 5000 o 100mila LUX, dunque scegliete quella che più vi piace: ce ne sono per tutte le tasche.

Poi, mezz’ora di esposizione al giorno: la luce deve toccare la retina, perché si attivino i processi neurobiologici. In Svizzera, le casse malattie rimborsano la terapia della luce per 800 franchi l’anno.

La cura dell’arte



Se la Svizzera ha poco sole, per fortuna ha un sacco di bei musei. Quest’anno, una risposta creativa e mirata al blues autunnale è a portata di mano un po’ dappertutto.

Provate con i tramonti di Vallotton, a Berna; con le meraviglie fiorite di Monet a Zurigo; sperimentate la danza della luce e delle ombre a Winterthur.

E se l’arte, lo sport e le erbe non vi bastano, prendete un treno. In Engadina, per esempio, c’è il sole 322 giorni l’anno.

swissinfo, Serena Tinari, Berna

Sarebbe affetta da depressione autunnale il 2% della popolazione mondiale.
Oltre alla luce può aiutare anche il colore.
Da visitare i tramonti di Vallotton, a Berna; I Giardini di Monet a Zurigo; “Luce, spazio” a Winterthur.

La depressione autunnale è stata studiata da molte ricerche scientifiche, in particolare americane e scandinave.

La cura consiste nella terapia della luce: mezz’ora di esposizione quotidiana sotto il getto di lampade che riproducono l’intensità luminosa di una mattina di sole primaverile.

Altre terapie possibili e praticabili si trovano in erboristeria. Tutta da provare, la cura dell’arte: mostre svizzere autunnali che cullano il cuore.

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