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La Svizzera vuole un disarmo pacifico

L'ambasciatore Jenö Staehelin al Consiglio di sicurezza. Alla destra l'ambasciatore iracheno Al-Douri Keystone

Occorre dare la precedenza al disarmo in Iraq: lo ha affermato martedì l'ambasciatore svizzero Jenö Staehelin, durante il dibattito pubblico del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

I progressi degli ultimi giorni sosterrebbero la via diplomatica.

«La Svizzera ha preso atto del rapporto dei due commissari Hans Blix e Mohammed El-Baradei al Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite», ha esordito l’ambasciatore Jenö Staehlin, nel dibattito pubblico al Palazzo di vetro di New York.

Secondo Staehelin, i rapporti degli ispettori ONU mostrano che «sono stati registrati recentemente veri progressi in materia di identificazione e di distruzione di armi proibite in mano all’Iraq». Un esempio sono i missili Al-Samud.

Durante il dibattito al Palazzo di vetro delle Nazioni unite, Staehelin ha evidenziato che né gli ispettori, né l’Agenzia internazionale dell’energia atomica (AIEA) «dispongono finora di elementi convincenti indicanti che l’Iraq possiede o continua di produrre armi di distruzione di massa».

Posizione invariata

Perciò, fin a quando le ispezioni daranno dei risultati, «la Svizzera considera che occorre dare la precedenza al disarmo pacifico» nel paese del Golfo. Il rappresentante elvetico alle Nazioni Unite ha anche esortato Baghdad «a collaborare pienamente, attivamente e senza condizioni».

L’ambasciatore ha dunque confermato la posizione ufficiale svizzera. Nella sua essenza, l’opinione delle istituzioni elvetiche rimane immutata, rispetto alle ultime settimane. Il governo ritiene la guerra l’ultima misura a cui ricorrere per disinnescare il problema Iraq.

Con questa posizione, il governo svizzero mantiene una posizione vicina a quella francese, che intende utilizzare tutte le opzioni della diplomazia per una soluzione pacifica della controversia.

Una guerra senza legittimazione delle Nazioni unite è inoltre condannata esplicitamente, anche se adesso è arrivata la precisazione: «La Svizzera ritiene urgente una collaborazione attiva e incondizionata dell’Iraq con gli ispettori delle Nazioni unite».

Guerra non ancora evitata

Il diplomatico non ha dunque escluso la possibilità di una guerra, nel caso in cui tutti i tentativi volti a disarmare pacificamente l’Iraq fossero vani. Si è coscienti infatti coscienti che «le ispezioni non possono continuare senza termine». In questo caso, Staehelin ha ribadito che la Svizzera esorterà tutte le parti coinvolte a rispettare e a far rispettare il diritto internazionale umanitario.

Nel suo discorso, l’ambasciatore svizzero ha infine messo l’accento sui problemi della popolazioni irachena ed espresso nuovamente la sua preoccupazione riguardo «agli effetti distruttivi» sul piano umanitario e sociale che un conflitto militare potrebbe comportare.

swissinfo e agenzie

La guerra e le sue conseguenze: a questo pensa anche la diplomazia elvetica, auspicando un dibattito all’interno del diritto internazionale.

La questione umanitaria in caso di un attacco all’Iraq è stata inoltre al centro di una Conferenza internazionale, indetta dalla Svizzera in febbraio.

All’incontro hanno partecipato 150 esperti di 29 paesi e 21 Organizzazioni non governative. Il traguardo è stato quello di delineare uno scenario possibile e attuare i preparativi necessari.

La crisi umanitaria interna all’Iraq e le prospettare ondate di profughi nei paesi limitrofi, sono gli elementi su cui i delegati hanno riflettuto.

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