Onu: quale lotta contro il terrorismo?
In dicembre l’Onu l’aveva tacciata di lassismo, la Svizzera si è difesa e ora e fa sentire la sua voce in merito alla riforma del comitato antiterrorismo.
Per l’ambasciatore elvetico all’Onu, Jenö Staehelin, il comitato dovrebbe sottostare al Segretariato centrale e non al Consiglio di sicurezza.
«La creazione del comitato antiterrorismo è stata una misura straordinaria presa per affrontare un’emergenza. Oggi sappiamo che la lotta contro il terrorismo è una sfida a lungo termine»: Jenö Staehelin, ambasciatore svizzero alle Nazioni unite ha riassunto così il problema al quale è confrontata la comunità internazionale.
La frase è stata pronunciata nel corso di una riunione aperta del Consiglio di sicurezza dell’Onu che giovedì ha dibattuto l’opportunità di rinforzare e istituzionalizzare il comitato antiterrorismo, nato dopo gli attentati dell’undici settembre 2001.
La creazione di una direzione esecutiva, composta da due uffici, uno incaricato della valutazione e dell’assistenza tecnica e l’altro dell’amministrazione e dell’informazione, dovrebbe «rivitalizzare» il comitato. Questa almeno l’opinione della Spagna che attualmente ne assicura la presidenza.
Un problema che riguarda tutti
Durante il dibattito sono intervenuti una trentina d’oratori. Tutti hanno sottolineato la necessità di continuare a lottare contro il terrorismo, una lotta che, secondo le parole di Staehelin, «riguarda l’insieme della comunità internazionale».
Ma se tutti sono d’accordo sul principio, le idee divergono in merito alla sua messa in pratica. La proposta del Consiglio di sicurezza prevede che sia quest’ultimo ad avere il controllo sul comitato antiterrorismo, ma proprio perché si tratta di un problema generale «è essenziale», così Staehelin, «che tutti gli stati, anche quelli non rappresentati nel Consiglio di sicurezza, abbiano la possibilità di esprimersi».
La Svizzera ritiene che le attività del comitato antiterrorismo debbano essere poste sotto l’egida del Segretariato generale dell’Onu e non del solo Consiglio di sicurezza. Dello stesso parere sono anche altri stati, come l’Irlanda che ha parlato in nome dell’Unione europea.
L’ambasciatore irlandese Richard Ryan, ha inoltre richiesto «di rendere chiaro che le nuove strutture non saranno permanenti» e che le stesse «non verranno considerate come un precedente».
Diritti da non dimenticare
Da più parti è inoltre arrivata la richiesta di non subordinare ai lavori del comitato antiterrorismo i diritti dell’uomo. A questo proposito l’ambasciatore elvetico ha messo in rilievo due punti: il rispetto delle regole internazionali sulla protezione della sfera personale e dei dati e la necessità di una più stretta collaborazione tra il comitato antiterrorismo e l’alto commissariato Onu per i diritti dell’uomo.
«L’efficacia delle misure antiterrorismo non deve andare a scapito dei diritti dell’uomo», ha affermato da parte sua l’ambasciatore irlandese.
La ristrutturazione del comitato antiterrorismo dovrebbe essere portata a termine entro la fine del 2005. In ogni caso per allora «dovrà essere trovata una nuova formula», ha concluso Jenö Staehelin, «che possa permettere a tutti gli stati di collaborare in modo più stretto agli sforzi in corso per combattere il terrorismo».
swissinfo e agenzie
Il comitato Onu antiterrorismo è nato dalla risoluzione 1363 del 28 settembre 2001
L’Onu prevede di riformarne le strutture entro la fine del 2005
La Svizzera auspica che in futuro il comitato Onu antiterrorismo venga posto sotto l’egida del Segretariato generale e non più, come finora, del Consiglio di sicurezza. Questo per garantire il coinvolgimento di tutti gli stati interessati dal problema.
Nel suo discorso, l’ambasciatore svizzero all’Onu, Jenö Staehelin, ha chiesto inoltre che il comitato intensifichi la collaborazione con i diversi organi statali che si occupano di lotta al terrorismo.
È necessario inoltre garantire il rispetto dei diritti dell’uomo, soprattutto per quanto riguarda la protezione della sfera personale e dei dati.
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