Ruanda: Carla Del Ponte perde il mandato
Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite ha deciso all’unanimità di non confermare Carla Del Ponte alla testa del Tribunale internazionale sui genocidi in Ruanda.
Confermato invece il secondo mandato della magistrata elvetica, quello per i crimini di guerra nella ex Jugoslavia.
Durante gli ultimi quattro anni Carla Del Ponte ha svolto il ruolo di procuratore capo in seno al tribunale del Ruanda (Ictr), incaricato di perseguire le persone coinvolte nel genocidio del 1994, e al tribunale internazionale per i crimini di guerra (Tpi). Quest’ultimo, basato all’Aja, si occupa degli scontri che hanno portato alla disgregazione della Jugoslavia.
Mandati separati su proposta USA
All’ora attuale, la Del Ponte, che ha portato sul banco degli imputati l’ex presidente jugoslavo Slobodan Milosevic, detiene ancora entrambi i mandati. Della durata di quattro anni, i mandati scadranno il 14 settembre.
Per il prossimo quadriennio, il Consiglio di Sicurezza ha deciso di scindere le due funzioni. La risoluzione approvata giovedì è stata redatta dagli Stati Uniti: in essa si chiede al segretario generale Kofi Annan di nominare un nuovo procuratore per il tribunale incaricato di occuparsi dei genocidi del 1994 in Ruanda. Secondo le aspettative al Palazzo di Vetro, il nuovo incarico dovrebbe essere affidato ad un magistrato africano.
Troppo lavoro per una persona sola
La risoluzione tiene inoltre conto delle considerazioni espresse in una lettera di Kofi Annan datata 28 giugno. Per Annan i mandati congiunti erano troppo per una persona sola. Il segretario generale dell’Onu invitava però a rinnovare l’incarico di Carla Del Ponte alla testa del tribunale per la ex Jugoslavia.
Carla Del Ponte accetterà l’incarico dimezzato, ha indicato una sua portavoce all’Aja. La procuratrice ha preso nota della decisione con una certa riserva, ma anche con un certo sollievo, perché la decisione non intacca l’indipendenza della sua funzione.
La stessa Del Ponte aveva confermato nei giorni scorsi al Consiglio di Sicurezza l’intenzione di restare al Tribunale per la ex Jugoslavia perchè è «molto attaccata a quello che è stato fatto».
Pressioni dal Ruanda
La raccomandazione di sdoppiare i mandati dei due tribunali era stata fatta nelle scorse settimane da Annan anche in seguito a pressioni del governo del Ruanda, che aveva criticato l’inefficienza della corte nonostante i suoi 16 giudici, oltre 800 membri dello staff e un bilancio di circa cento milioni di dollari l’anno.
Per i ruandesi, la Del Ponte si sarebbe occupata più intensamente del suo lavoro all’Aja, trascurando il compito in Africa. «Questo genocidio è stato affidato ad un procuratore a tempo parziale» ha dichiarato a swissinfo Valentine Rujwabiza, ambasciatore del Ruanda in Svizzera. «Carla Del Ponte avrà passato sì e no 30 giorni all’anno ad Arusha».
Le critiche maggiori però Rujwabiza le rivolge al tribunale nel suo complesso. «Il problema più grande è la sua lentezza: in nove anni il tribunale ha giudicato appena 15 persone. A perdere la vita nel genocidio sono stati quasi un milione di esseri umani».
Mancanza di cooperazione
Qualche tempo fa, Carla Del Ponte aveva a sua volta accusato il governo ruandese di non cooperare in modo costruttivo alle indagini.
«Vorrei che la politica fosse meno coinvolta», aveva detto la Del Ponte in giugno alla Televisione della Svizzera tedesca. «Quando ci sono delle indagini in corso, dovrebbe essere il magistrato a decidere il da farsi e non i politici».
In particolare, la Del Ponte sostiene che il governo, guidato dall’etnia Tutsi, ha tentato di ostacolare il suo lavoro al tribunale da quando si è cominciato ad indagare su crimini commessi con tutta probabilità dai militari Tutsi.
swissinfo e agenzie
Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite ha deciso di separare i mandati di procuratore generale per il Ruanda e per la ex-Jugoslavia. Carla Del Ponte dovrà lasciare l’incarico al tribunale internazionale per i crimini in Ruanda.
I mandati scadono il 14 settembre. La loro separazione è stata proposta in una risoluzione elaborata dagli Stati Uniti.
Il governo ruandese accusa la Del Ponte di non dedicare tempo ed energie sufficienti alle indagini che riguardano il genocidio del 1994. Il tribunale inoltre sarebbe del tutto inefficiente. Dal canto suo, Carla Del Ponte fa notare che il governo del Ruanda ha smesso da tempo di collaborare alle indagini.
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