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«Si tratta di impressioni, non di fatti»

La polizia ginevrina ha reagito alle critiche formulate dal Comitato anti torture. Keystone

Nel quadro di un rapporto preliminare, il comitato anti-tortura del Consiglio d'Europa ha denunciato presunti maltrattamenti commessi in Svizzera. Le istituzioni interessate hanno protestato, in quanto non interpellate al proposito.

Le osservazioni rese pubbliche si basano in realtà sulle prime impressioni ricavate, e non su fatti precisi.

Eliane Michel, direttrice del riformatorio per ragazze «Lory» di Münsingen (canton Berna) è furiosa. Il suo istituto è stato infatti criticato – si parla di frequente ricorso alla violenza – nel quadro del rapporto del Comitato del Consiglio d’Europa per la prevenzione delle torture (CPT), pubblicato durante le scorse settimane.

In particolare, viene citato l’esempio di una ragazza che sarebbe stata maltrattata con tecniche di strangolamento destinate a far rigurgitare eventuali stupefacenti. La vittima avrebbe poi sofferto, per due giorni, di problemi di deglutizione ma non avrebbe ricevuto alcun trattamento medico.

Michel esprime dubbi in merito alla versione fornita dalla ragazza; a suo dire – anche se i fatti corrispondessero alla realtà – l’accaduto costituirebbe comunque «un caso isolato».

La direttrice giudica inoltre assai discutibile il fatto che il CPT abbia pubblicato la vicenda senza concedere un diritto di replica alla controparte: l’istituto in questione potrebbe infatti venire danneggiato.

Osservazioni preliminari

Quelle pubblicate il 7 gennaio 2008 sono le «Osservazioni preliminari del Comitato europeo per la prevenzione delle torture, delle pene e dei trattamenti inumani e degradanti»: una novità per la Svizzera.

Concretamente, si tratta della dichiarazione conclusiva consegnata al governo svizzero da Marc Nève, capo della delegazione del CPT, al termine della visita nella Confederazione (24 settembre-5 ottobre). Vi sono elencate le istituzioni visitate e le impressioni ricavate.

Patrick Müller, attivo presso il segretariato del CPT a Strasburgo, spiega che queste osservazioni sono di principio confidenziali, e possono essere pubblicate unicamente con il consenso dello Stato interessato. Nel caso della Svizzera, ciò è accaduto per la prima volta.

Una nuova prassi

Nella maggior parte dei casi si attende il rapporto definitivo del CPT, atteso per la primavera. A quel momento – sottolinea Fosco Galli, portavoce dell’Ufficio federale di giustizia – il Consiglio federale elabora una presa di posizione, la quale viene infine pubblicata unitamente al rapporto.

La presa di posizione dell’esecutivo viene allestita in collaborazione con i cantoni: «In uno Stato federalista, per motivi di tempo è difficile fornire la presa di posizione simultaneamente alla pubblicazione del rapporto preliminare», aggiunge Galli.

Il portavoce ha poi aggiunto che non sono state ritenute pregiudizievoli per le istituzioni menzionate: «Si tratta unicamente di impressioni, non di fatti». Le autorità attaccate o biasimate nel rapporto non sono dello stesso avviso, dal momento che si sentono già giudicate dalle «osservazioni preliminari».

Direttore della polizia scettico

Oltre al riformatorio «Lory», anche la polizia ginevrina ha espresso critiche all’indirizzo del rapporto. Secondo il CPT, quest’ultima agirebbe in modo violento, maltrattando i sospetti con calci e pugni o minacciandoli con cani.

Laurent Moutinot, responsabile del dipartimento cantonale di giustizia, ha dichiarato al quotidiano «Le Matin» di avere grande rispetto per il lavoro del CPT, ma di ritenere inadeguati i termini utilizzati nel quadro del rapporto preliminare.

«I nostri poliziotti non sono dei picchiatori», ha affermato Moutinot, puntualizzando che nel cantone di Ginevra vi sono controlli e apposite commissioni per intervenire in caso di eccessi.

Situazione giuridica

Ma come si presenta la situazione dal profilo giuridico? Lucien Müller, assistente del professor Rainer Schweizer – esperto di diritto europeo e diritto internazionale pubblico all’università di San Gallo – spiega che la Convenzione europea per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti prevede una clausola relativa alla pubblicazione.

All’articolo 11, infatti, figura: «Il Comitato pubblica il suo rapporto ed ogni commento della parte interessata, qualora quest’ultima lo richieda». Da questo passaggio, così come da altre disposizioni della Convenzione, non pare possibile dedurre l’obbligo di pubblicare anche prese di posizione da parte delle istituzioni esaminate.

Secondo Müller è comunque giustificato valutare la possibilità di richiedere, già prima della pubblicazione del rapporto preliminare, una presa di posizione da parte della Svizzera, la quale sarebbe da diffondere unitamente al rapporto.

swissinfo, Gerhard Lob
(traduzione e adattamento, Andrea Clementi)

In Svizzera vi sono circa 120 istituzioni chiuse, con circa 6’700 posti;
Nel settembre 2006, in Svizzera sono state arrestate quasi 5’900 persone (70% straniere);
La percentuale delle donne ammonta al 5,7%.

La Convenzione europea per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (CPT) è entrata in vigore nel 1989. Essa consente agli ispettori di accedere alle istituzioni in cui soggiornano persone private della libertà.

Gli ispettori possono visitare anche zone di sicurezza – per esempio negli aeroporti – e discutere a quattr’occhi con le persone recluse.

Quella effettuata in Svizzera nel mese di ottobre è una delle undici ispezioni eseguite dal Comitato durante il 2007. Tra gli stati visitati figurano anche Spagna, Olanda, Croazia e Moldavia.

Dopo ogni ispezione, l’organizzazione invia alle autorità del paese un rapporto confidenziale con le proprie conclusioni e raccomandazioni.

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