Verner Solèr, l’uomo senza patria
Da vent’anni vive a Los Angeles. È fuggito da Vrin, un paesino di montagna nel cantone dei Grigioni, per incontrare il mondo. Ora sente la nostalgia della sua terra, ma non ha rimpianti.
Chi è Verner Solèr? È uno svizzero che ha risposto al richiamo del grande sogno: l’America. Si è lasciato alle spalle la vita sorniona e monotona di Vrin, un villaggio chiuso fra le montagne grigionesi, per quella caotica, frettolosa e stimolante di Los Angeles.
Ora è un uomo senza patria. Le sue radici affondano nei ricordi – il suono delle mucche al pascolo, il profumo dell’erba appena falciata, il romancio, la piccola fetta di cielo sopra la sua testa – e nella sua terra per la quale nutre un sentimento profondo e indissolubile. Ma Vrin non è più la sua patria.
E nemmeno Los Angeles lo è. Eppure, nella megalopoli statunitense è nato una seconda volta. Ha fatto tante esperienze, tante quanto cento vite a Vrin mai gli avrebbero regalato, ha conosciuto sua moglie, ha intrecciato amicizie importanti.
Dall’occhio della macchina fotografica
Verner è un uomo diviso fra due mondi. Negli occhi di tutti i giorni ha l’America, in quello della sua macchina fotografica Vrin. Da vent’anni ne cattura i visi e i luoghi che mutano nel tempo. «È un tentativo di far interagire questi due mondi nella mia coscienza», spiega Solèr.
L’idea di catturare e fermare la vita di Vrin è sfociata in una specie di diario fotografico, a cui ogni anno Verner aggiunge un capitolo. Ora ne conta venti. “Visits to my village” (Visite al mio villaggio) – questo il titolo del suo progetto – è un tentativo di fissare, prima di perderle definitivamente, le vestigia di un modo antico di vivere.
«La distanza da Vrin ha modificato il mio modo di guardare le persone e il villaggio natale. Sono riuscito finalmente ad apprezzare la bellezza dei paesaggi in cui sono cresciuto e nel contempo ho assistito a una specie di accelerazione dei cambiamenti causata dalle mie lunghe assenze», sottolinea Solèr.
La macchina fotografica appesa al collo riesce a non farlo sentire straniero in casa propria e a ricostruire un rapporto con le persone del villaggio. «Fotografare è importante tanto quanto la fotografia», afferma.
L’etica del lavoro
Ma a Vrin non fotografa soltanto. Trascorre il suo tempo con i genitori e le due sorelle, percorre i sentieri della sua gioventù con la moglie e il figlio, riveste i panni del contadino e ritrova l’etica del lavoro che ha imparato in gioventù e che gli ha permesso di farsi strada a Los Angeles.
La sua avventura poteva concludersi in fretta. È partito alla volta della California, di Los Angeles con in mano un visto valevole sei mesi. «È stata una specie di fuga da Vrin. Quando sono partito, non sapevo che sarebbe stato per sempre», ricorda Solèr.
Nella città californiana ha trascorso i primi mesi oscillando tra l’entusiasmo e il turbamento più totali. Abituato a muoversi fra le viuzze di un paese di circa trecento abitanti, si è trovato catapultato fra grattacieli e milioni di persone e ne è rimasto sconvolto.
Nemmeno la ricerca di un lavoro per sbarcare il lunario è stata impresa facile. «Ho capito in fretta che il diploma svizzero di insegnante di scuola elementare non mi avrebbe aperto molte porte negli Stati uniti».
Rimpianti?
Poi, dopo essersi barcamenato per due anni, nel 1992 il caso e la fortuna hanno voluto che vincesse una green card (vedi dettagli a fianco) alla lotteria annuale. «Senza questa vincita, probabilmente, oggi non vivrei a Los Angeles».
Ora lavora quale Art Director presso l’agenzia Saatchi & Saatchi che si occupa della pubblicità per la casa automobilistica Toyota in Nord America. Nel tempo libero si dedica invece ai suoi progetti fotografici – “Feeting Faces” (volti fugaci) e “Visits to my village” – dove riesce a dare libero sfogo alla creatività, ciò che non è sempre il caso nell’attività pubblicitaria.
Rimpianti? Mai, anche se a volte sente un po’ di nostalgia della famiglia e dei paesaggi di Vrin. «Con mio figlio parlo romancio. Riesce così a comunicare con i suoi nonni e a mettere alcune radici anche nella mia terra».
Nato nel 1968, è cresciuto a Vrin, nella Val Lumnezia, nel cantone dei Grigioni. Vive da vent’anni a Los Angeles. È sposato e ha un figlio.
Figlio di contadini, ha vissuto a diretto contatto con la natura e con gli animali. Questa esperienza lo ha segnato profondamente: i soggetti del suo progetto fotografico Visits to my village sono la gente del suo villaggio natale e le loro attività.
Dal 1984 al 1989 ha frequentato la scuola magistrale di Coira, nel cantone dei Grigioini, conseguendo il diploma di insegnante di scuola elementare. Ha insegnato nella scuola di Vrin per circa sei mesi, prima di trasferirsi a ventidue anni a Los Angeles, in California.
Nel 1992 ha vinto una green card alla lotteria.
In seguito ha studiato film e televisione all’UCLA Extension and photography al Santa Monica College, a Los Angeles.
Da dieci anni è direttore artistico presso l’agenzia pubblicitaria Saatchi & Saatchi.
Nel 2009 ha ricevuto un contributo finanziario di 10 mila franchi per il suo progetto Visits to my village da parte del cantone dei Grigioni (Promozione della cultura).
La carta verde dà diritto di vivere e lavorare senza limiti di tempo negli Stati uniti.
Può essere ottenuta dopo cinque anni di residenza negli USA, dopo tre se si è sposati con una cittadina o un cittadino americano, dopo quattro se ci si trova negli Stati uniti per asilo politico.
Per ottenerla, si devono superare tre fasi: Immigrant Petition, Immigrant Visa Availability e Immigrant Visa Adjudication.
Il governo americano sorteggia inoltre ogni anno 50’000 green card. Alla lotteria può partecipare ogni abitante del mondo.
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